MEDIA, CULTURA E DEMOCRAZIA. IL CASO FUSARO

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    vividarte

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    Da qualche galassia lontana...nato a Foligno ma residente a Genova, da sempre interessato alle arti, alla condizione umana ed alla spiritualità

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    I media mainstream vanno presi con le molle

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    fonte immagine: Goodfellow Air Force Base


    Un attacco “spregiudicato” a Diego Fusaro, portato dalla scrittrice e docente di filosofia Donatella Di Cesare dalle colonne del settimanale “Lettura” del Corriere della Sera del 21 ottobre scorso, mi da l’occasione di svolgere riflessioni che avevo in mente da tempo sul “fenomeno Fusaro”.

    Premetto subito due cose: la prima è che non mi interessa svolgere il ruolo di “difensore d’ufficio”, credo che spetti solo a lui decidere se ci sono contenuti meritevoli di querela o meno, e l’opportunità di farlo; oltre a questo, non mi piace scendere a certi livelli e trovo assai strano un attacco così feroce da una sua “collega”. Segnalo inoltre la bella risposta data dallo stesso Fusaro qui.

    La seconda cosa che vorrei precisare è che non intendo entrare in dibattiti strettamente filosofici o riguardanti la levatura filosofica del Fusaro, non ne sarei all’altezza e non ne sono veramente interessato.

    Sono invece più attirato dal discutere la “filosofia” imperante sui media mainstream e, di conseguenza, la natura dell’attacco che rivolge la scrittrice al filosofo.

    In effetti l’attacco di filosofia ne contiene veramente poca, se non quella “strisciante” di un politicamente corretto di cui, francamente, si poteva fare a meno su un inserto che vuol essere di approfondimento e che dà grandi spazi argomentativi.

    Per procedere nel ragionamento ritengo necessario dare innanzitutto il mio punto di vista sulla situazione politica mondiale attuale, su come ritengo utile argomentare in relazione a questa, e su ciò che penso del messaggio politico nel suo aspetto più “superficiale” e meno “teoretico” che Fusaro lancia dai media, sulla sua reale utilità, anche considerando i modi e i luoghi che il filosofo sceglie per esprimersi.

    Dire anticipatamente ciò che penso su questi argomenti mette subito in chiaro la mia prospettiva e mi è utile per argomentare sulle accuse rivoltegli, dall’ottica dal mio particolare punto di vista.

    Veniamo quindi alle premesse, che mi mettono subito insieme a Fusaro fra quei complottisti che avrebbero, come afferma l’accusatrice, “l’ossessione paranoica per i poteri forti – il ‘governo mondiale’, la ‘casta’, le ‘élites’ – che da qualche parte reggerebbero le sorti della storia”.

    Saremo anche “complottisti”, sempre meglio che ciechi di fronte alle ormai incontestabili verità storiche che, evidentemente, troppi ancora non vogliono vedere o riconoscere, proprio come la Di Cesare in questione.

    Di pubblicistica autorevole in tal senso si riempiono ormai scaffali interi; evidentemente, le fonti e gli intellettuali frequentati dalla scrittrice, e lei stessa, sembrano vivere in un altro pianeta.

    Per venire alla sostanza: come scrivo spesso, credo che la continua erosione degli spazi della politica e delle sovranità degli stessi Stati in favore di un livello oligarchico-finanziario privato globale, sia il fenomeno più rilevante e preoccupante della modernità, insieme all’ascesa della “tecnica”.

    Una “loggia” privata transnazionale di poche famiglie e centri di potere collegati controlla in vari modi le più importanti leve finanziarie, tecnologiche, mediatiche e politiche, almeno dell’Occidente: gli ultimi secoli sono pieni di eventi storici e bellici per i quali si può risalire direttamente alle influenze, agli interessi ed ai finanziamenti più o meno occulti di queste logge private, anche per le due Grandi Guerre e per l’Olocausto!

    I centri privati di potere sono in grado, grazie all’asservimento della politica e di larghe fette della magistratura, di mettere in scacco le comunità nazionali e le loro economie, ponendole sotto il giogo di organismi non eletti ed esponendole al controllo ed alla rapina da parte della finanza e delle corporazioni globali.

    La totale privatizzazione dell’Occidente è un fatto quasi compiuto e la democrazia è ormai del tutto snaturata e assente, sostituita da un distraente universo mediatico di intrattenimento e di apparente coinvolgimento degli individui.

    Tale sistema allontana in vari modi da un vero ed efficace impegno per la democrazia: presi come siamo da un crescente senso di impotenza e dalla continua erosione di spazi civili e diritti sacrosanti, abbiamo sempre meno tempo ed energie da dedicare al libero accrescimento della nostra persona.

    Lo sviluppo umano e gli ideali di pace e giustizia sociale, giustamente rivendicati dai diritti dell’uomo sin dal 1948, si sono arenati di fronte allo strapotere della tecnica e di questi centri decisionali privati difficilmente controllabili e lontani dalla società civile, che però condizionano in ogni sua espressione.

    Proprio dalla sostanziale non attuazione dei 30 diritti umani parte ogni mio ragionamento che, tornando all’argomento Fusaro, marca quindi la prima differenza rispetto alla sua visione (mentre la seconda, che vedremo dopo, riguarda i suoi “modi”): Fusaro, ed il suo maestro Preve prima di lui, mi sembra vedano i diritti dell’uomo quasi come una retorica al servizio del capitale e del liberismo, dimenticando che i diritti universali hanno una lunghissima storia che si dipana nelle sofferenze degli ultimi verso l’aspirazione all’emancipazione e riscatto dall’ingiustizia.

    A mio parere, il loro ragionamento sembra non tener conto del fatto che il vero problema dei diritti umani, che reputo l'ultima vera chance di riscatto umano e sociale nata in seno all’Occidente, è proprio quello della loro non completa assunzione nella coscienza e nella prassi politica da parte dell’Occidente stesso.

    Ciò è dovuto, soprattutto, alla responsabilità di quella che lo stesso Fusaro chiama “classe dominante” e della sinistra silente e complice.

    Solo per fare due esempi: con i diritti umani si pretende addirittura di giustificare interventi militari, vere e proprie guerre di conquista spacciate per azioni umanitarie; oppure, ipocritamente, si cerca di sponsorizzare trasformazioni sociali, morali e giuridiche, usando quei valori come grimaldello ideologico in modo forzato e distruttivo.

    Un’altra incoerenza la si ha nel momento in cui il mainstream parla di diritti umani selezionando, del tutto arbitrariamente, quelli che si afferma essere “basilari” per la persona, rivendicandoli inoltre in modo sbilanciato e assai discutibile: si dimentica perciò che gli articoli sono 30, ben integrati in un disegno coerente, e che alcuni parlano direttamente di libertà di espressione, di pace, democrazia, ambiente e diritti sociali.

    Le stesse “dimenticanze” mi sembrano presenti nell’argomentare della scrittrice nel suo attacco scomposto a Fusaro, accusato di mille cose ma, in vari passaggi ed a ben vedere, di non essere così di sinistra come l’autrice vorrebbe: sarebbe addirittura contrario ai diritti dei gay ed avrebbe posizioni anti-immigrati, addirittura banalizzerebbe “l’insegnamento del suo maestro Costanzo Preve, che ha finito per essere un negazionista della Shoah”.

    Secondo la Di Cesare l’Europa non sarebbe “un progetto criminale” e gli immigrati sarebbero persone “libere di scegliere”.

    Cosa direbbe l’autrice se fosse nata in un paese in guerra e sotto vari tipi di domini, a cui l’Occidente non è certo estraneo?

    Chiamerebbe libertà il suo desiderio di fuggire, di non poter vivere fra i sui cari, nel suo paese di nascita, nel non potersi guadagnare onestamente una laurea?

    Come mai la Di Cesare si appiattisce su una banalissima contrapposizione non degna di chi sa di filosofia, senza riuscire a distinguere?

    Basta denunciare, come fa il Preve, la colpevole mancanza da parte del sistema culturale nel mettere l’orrore atomico allo stesso livello dell’Olocausto per passare come antisemita?

    Dove sarebbe migliore la bomba americana che uccide indiscriminatamente TUTTI e pone da lì il mondo intero sotto la dittatura del terrore atomico?

    Basta fare dei ragionamenti sull’aborto, sugli uteri in affitto, su alcune pretese tecniciste, culturali, scolastiche e legislative riguardanti la vita, la famiglia e la sessualità da insegnare a scuola a mo’ di scelta indifferenziata, per essere tacciati di omofobia, autoritarismo, anti femminismo, di essere reazionari?

    Come si può giustificare la cecità di fronte alle speculazioni finanziarie che governano l’Europa e il mondo e irridere chi denuncia “i burattinai dei mercati, i burocrati europei, ma anche i mondialisti, tacciati di essere gli agenti occulti della globalizzazione”?

    In quale giusto e meraviglioso mondo vive costei?

    E che dire degli altri “argomenti” di “alto spessore“ con i quali aggredisce il filosofo come ad esempio: “ricercata abbronzatura”, “chioma scapigliata”, “glauco sguardo accattivante”, “i suoi slogan… hanno certo contribuito alla vittoria del governo Lega-M5S”?

    Per non parlare dei mezzi “dialettici” con cui cerca di distruggere il filosofo mettendosi però ad un livello assai basso, se non nei termini nella sostanza: “spigliatezza vanesia”, “citazioni a caso”, “effetto esotico”, “paroloni altisonanti”, “garbugli iperideologici”, “bieche ideuzze e subdole nozioncine”, “caricatura della filosofia”!

    Addirittura si arriva ad evocare la rete: “molti si sono espressi nella rete… dove Fusaro è ormai apertamente schernito”.

    Ma il populista non era Fusaro?

    Comunque, e giungiamo al secondo appunto che muovo a Fusaro, senza però abbassarmi al livello della Di Cesare, i modi con i quali il filosofo esprime il suo messaggio mi lasciano a volte un po’ perplesso.

    Chi va sui media, o in ogni caso chi intende parlare a tutti, come evidentemente vuol fare un Fusaro impegnatissimo ad essere visualizzato ogni dove, ha una responsabilità enorme.

    Soprattutto se l’intento è quello di dire cose importanti e denunciare i guai della società, della cultura e della democrazia: non può non tener conto del livello culturale e “comunicativo” medio, ormai troppo scaduto anche “grazie” agli stessi media da cui pretende comunicare.

    A mio parere Fusaro non può non tener conto dell’azione banalizzante-distraente nell’uso fatto dal “sistema” del mezzo televisivo, con cui si tritura tutto per servirlo in una miscela decotta senza più valore da far digerire come puro intrattenimento, fra uno spot e l’altro.

    Credo che potrebbe tranquillamente dosare alcune apparizioni televisive/radiofoniche, per scegliere quei contesti che meno si prestano alla banalizzazione e all’ingiuria.

    Credo inoltre che, nei suoi interventi pubblici, potrebbe limitare la “densità” di parole impegnative all’interno di una stessa frase: ammiro la sua tensione verso la scelta della parola “esatta”, per la necessità del neologismo sintetico, ma non a scapito della fruibilità dei più.

    Dosare la quantità dei termini darebbe modo di apprezzarli, di assaporarli maggiormente, e ridurrebbe il fenomeno di rigetto su cui poi si costruisce la reazione becera dei media e di quelli che non conoscono altri ambiti di pensiero ed espressione.

    Ad ogni modo, e per concludere, credo che la divergenza circa la visione relativa ai diritti dell’uomo, che mi vede in disaccordo con Fusaro sia assai più importante: preferisco impostare ogni discorso politico da una visione post ideologica, “semplicemente” umanistica.

    Del resto, lui stesso afferma di avere valori “di destra” e ideali “di sinistra” e, coerentemente, non disdegna di scrivere anche in riviste della destra più radicale, come quella legata a CasaPound: una cosa per me assolutamente positiva che potrebbe contribuire ad un’evoluzione in senso democratico del movimento. Non sto qui a ripetere cosa ne pensa la Di cesare, potete immaginarlo.

    Per concludere e sottolineare: se non ci impegneremo per svelare e denunciare il potere delle logge antidemocratiche e se non ci impegneremo a riformare in senso etico e democratico un sistema mediatico di totale falsità, rischieremo di sprecare le migliori menti ed argomentazioni, come sono per la maggior parte quelle di Fusaro.

    Penso che dobbiamo adoperarci in due macro direzioni: da un lato attuare per tutti, ma in modo equilibrato, quei diritti ora di fatto negati; dall’altro far comprendere la necessità sempre più urgente di porre sotto il controllo collettivo, ma veramente democratico e trasparente, ambiti che non sarebbero mai dovuti finire in mani private.

    La nascita di una nuova politica e di una nuova “concezione operativa” dello Stato di diritto necessita di un nuovo collante nella società civile ispirato al complesso dei diritti universali dell’uomo, e di un “passettino in più” da parte delle migliori menti, anche di quella così acuta di Diego Fusaro.




    25 ottobre 2018
    nel mio libro, un programma politico ispirato ai Diritti Umani con linee guida anche per dei nuovi media pubblici


    Edited by massimofranceschini - 10/1/2020, 19:44
     
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