-
.
vividarte
- Group
- Administrator
- Posts
- 334
- Location
- Da qualche galassia lontana...nato a Foligno ma residente a Genova, da sempre interessato alle arti, alla condizione umana ed alla spiritualità
- Status
- Offline
Considerazioni e confronto dei due film negli aspetti che riguardano la spiritualità
fonte immagine: Flickr
La visione del film “The Master” di Paul Thomas Anderson, mi spinge ad alcune doverose riflessioni.
Sono un appassionato di cinema e dichiaro subito che tecnicamente il film è bellissimo, tanto da meritare la candidatura a tutte le statuette più prestigiose, per non parlare dei due attori principali, eccezionali.
Purtroppo ho alcune riserve che riguardano il contenuto e le scelte del regista, anche autore del soggetto.
Premetto che sono ovviamente per la libertà di espressione, soprattutto in campo artistico e in quest’opera di arte ce n’è da vendere.
Proprio questa cognizione della libertà mi permette di discernere ciò che secondo me è notevole da altre cose più discutibili.
In occasione del lancio i media mondiali lasciavano intendere che la storia riguardasse, più o meno velatamente, la nascita di Scientology e la figura del suo fondatore Hubbard.
Il regista ha più volte affermato che effettivamente si era ispirato anche a questi due soggetti e all’affascinante ambiente socioculturale post bellico (siamo negli USA, 1950); più precisamente, lo scopo sarebbe stato quello di indagare le dinamiche che potevano instaurarsi fra un “guru” e un adepto (una personalità problematica e stressata dalla guerra su cui fare esperimenti) o, più in generale, con i fedeli di un nuovo movimento più o meno religioso.
Fra gli argomenti centrali del film abbiamo quindi il culto della personalità e i culti stessi in generale.
Due sono gli appunti fondamentali che mi sento di rivolgere all’autore.
Il primo ha a che fare con la verosimiglianza; effettivamente nel film non c’è niente che possa oggettivamente e chiaramente ricondurre al movimento in questione o al suo fondatore, ma: ci sono moltissime cose SIMILI o VEROSIMILI non adeguatamente argomentate anzi, presentate in modo da apparire come frutto estemporaneo di non si sa quali strane elucubrazioni, come a voler generare confusione, addirittura repulsione, per chi non conosce il mondo della spiritualità e più precisamente Scientology.
Il secondo appunto riguarda la caratterizzazione del leader del movimento descritto come egocentrico, a tratti violento, vanesio, eccentrico, millantatore, accentratore, ecc.
Per chi si vuole informare onestamente, la vita, le opere, gli innumerevoli scritti e conferenze di Hubbard sono facilmente disponibili; uno sguardo oggettivo e non prevenuto non può non vedere la coerenza e la straordinaria ampiezza culturale del suo progetto.
Sappiamo benissimo come i grandi cineasti si preparino meticolosamente nell'affrontare qualsiasi soggetto, dobbiamo quindi pensare che le verosimiglianze non siano casuali, come non casuale il modo negativo in cui si descrivono il fondatore ed i suoi compagni di viaggio.
Tanto per parlar chiaro sembra che l’autore abbia voluto criticare e mettere Scientology in cattiva luce e ridicolizzare il suo fondatore, senza incorrere in pericoli di querela.
Libero di farlo ovviamente ma, secondo me, sarebbe stato intellettualmente più onesto presentare fatti e avvenimenti veri, sceneggiare eventi e contenuti in modo da evidenziare sia le posizioni critiche con il movimento e il suo leader, insieme al punto di vista di chi lo stima e ne tesse le lodi.
Sono ormai milioni le persone che sostengono il movimento, un numero in vertiginosa crescita.
Ci sarebbe stato materiale a sufficienza per farci un grande film e favorire un dibattito culturale anche acceso ma proficuo.
Un’occasione persa.
Altra cosa ha fatto Eastwood con il bellissimo “Hereafter”.
Coerente con i suoi dubbi ma spinto da una sana curiosità intellettuale, ha realizzato un’opera in cui si pongono importanti domande, lasciando allo spettatore il diritto di farsi una libera opinione sulle questioni della spiritualità, della vita, della morte e dell’aldilà.
Non dà risposte definitive ma fa le giuste domande e insinua il SOSPETTO, se non la necessità, di una dimensione altra, trascendente (cose del tutto assenti in “The Master”).
In “Hereafter” forse non c’è Dio, c’è sicuramente lo spirito dell’uomo schiacciato e spesso negato da questa società.
Il sospetto è insinuato non tanto dal personaggio che afferma di parlare con le anime dei defunti, quanto da una neurologa e da una giornalista che si vede emarginare dal sistema, nel momento in cui decide di parlare attraverso un libro delle sue esperienze con l’aldilà.
Proprio il personaggio della giornalista, centrale nel film, compie un percorso che la porta a fare domande “scomode”, non in linea con l’ambiente culturale e professionale cinico e senza anima.
Una giornalista sui generis certamente diversa da un certo tipo di giornalismo probabilmente frequentato da Anderson, dedito allo sport moderno della gogna mediatica e appiattito in un “cinismo culturale” e professionale.
Quando si occupano di questi argomenti, la maggior parte dei media mostra una incapacità di affrontarli onestamente e senza pregiudizi, molto simile a quella che mi sembra di vedere in “The Master”.
15 agosto 2013
Edited by massimofranceschini - 17/2/2020, 20:13.