Posts written by massimofranceschini

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    Ne va del futuro dell'umanità

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    nel mio libro linee guida opportune


    Il tema dei diritti civili e della procreazione assistita sta scatenando dibattiti e reazioni di segni opposti, e di "inaspettate" sensibilità comuni come quella fra cattolici ed esponenti di una sinistra contraria alle mercificazioni, anche degli uteri.

    Ogni sensibilità reclama/nega diritti con una confusa varietà di posizioni, tale da impedire una composizione delle diversità.

    Non ci rendiamo conto che in questa confusione abbiamo un solo vincente: la tecnica e di conseguenza chi la gestisce: la lobby militare - a cui la maggior parte della ricerca si genuflette - e quella farmaceutica, che ha inaspettati interessi comuni con quella militare.

    Un esempio di ciò potete leggerlo nel mio pezzo del 5 aprile 2013 in cui parlavo del rapporto “Global Trend 2030”, un documento di previsione sul futuro prossimo venturo, ad opera delle 17 agenzie di intelligence americane.

    A ben vedere alla guida delle lobby troviamo poche famiglie che detengono e/o controllano armi, finanza, politica, ricerca, media e molto altro ancora, con un sistema capillare e diversificato su cui ormai si sono scritte fin troppe parole, senza che ciò abbia sortito effetti sulla consapevolezza della maggior parte delle persone.

    La denuncia fine a se stessa non serve a niente se non accompagnata da un'idea e da un progetto di riscatto della società.

    Questo progetto verrebbe certamente ostacolato dalle stesse lobby che hanno interesse a mantenere ed aumentare il caos sociale, per venderci la conseguente ricetta salvifica con cui stringere sempre più la morsa del dominio: la "sicurezza".

    Auspico quindi un progetto di riscatto da parte della società civile, pena la definitiva scomparsa di ogni libertà.

    Il caos “ideologico” dovuto ai vari accenti di libertà, diritti, bisogni vecchi e nuovi e un sentimento morale in continua evoluzione, non trova soluzione neanche nel mondo intellettuale, ancor più confuso da questa modernità e appunto dalla tecnica, il Dio moderno a cui consegniamo ogni residuo di consapevolezza e libertà.

    Ecco allora il sociologo Galimberti, da me già citato (https://almassimofranco.blogfree.net/?t=5285801), dire che di fronte alla tecnica “l'etica è patetica”, consegnando così l'intero mondo del pensiero, la nostra vera dimensione, nelle mani di quella che è solo una delle sue “applicazioni”, appunto la tecnica.

    Afferma inoltre che la pretesa di ammettere amore e genitorialità solo se derivanti da un rapporto eterosessuale sancito dal matrimonio è “bieco materialismo”, una contraddizione per chi parla sempre di spirito.

    Questa “provocazione” è effettivamente interessante, peccato venga da chi poi consegna il futuro ed ogni speranza di evoluzione umana al fenomeno più materialista della modernità, la tecnica, a cui non ci si dovrebbe/potrebbe ribellare in quanto avrebbe “spodestato” l’uomo ed essere così diventata il nuovo soggetto della storia.

    La varietà di posizioni e sensibilità su questi argomenti “etici” è o dovrebbe essere indice della vitalità culturale di una società libera, creativa e feconda.

    Purtroppo i vari soggetti non riescono veramente a comunicare ed a trovare un minimo comun denominatore, un punto d’incontro proficuo, forse perché più “interessati” alla loro egotica rappresentazione.

    Da sempre invito a rivolgere lo sguardo verso la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani quale piattaforma su cui dirimere questioni “ideologiche”.

    Smettiamola quindi con la pretesa di giudicare o legiferare l’amore che magari non capiamo, o di dare patenti di genitorialità come se esistessero persone che non possano "geneticamente" amare ed aiutare un essere a crescere, come se solo il matrimonio eterosessuale fosse garanzia assoluta di amore e benessere.

    Smettiamola anche di pensare, più o meno consapevolmente, al bambino come una “proprietà”, come un foglio bianco su cui scrivere un futuro e una personalità che sarà solo un riflesso distorto dalle nostre paure.

    Liberalizziamo le adozioni per tutti e accettiamo la sfida di amare chi ci sceglie anche se non è parte della nostra biologia, forse ci sceglie proprio per questo, e rendiamo la sua vita migliore del passato sfortunato da cui proviene.

    Ribelliamoci però a tutte le pratiche che, con l’ausilio della tecnica o con la formazione di leggi apposite, pretendano creare condizioni “artificiose” che ci daranno un futuro sempre più inquietante e disumano.

    Scegliersi figli in provetta e inserirli in un utero comprato - finché non si arriverà ad uteri extracorporei più o meno artificiali su cui si sta già sperimentando - è indice di una distorta volontà di dominio degli eventi permessa da una materialistica “tecnica amorale”, che ridurrà l’uomo schiavo della sua stessa “intelligenza”.

    Fermiamo l’angosciante stupidità del futuro.


    3 marzo 2016


    Edited by massimofranceschini - 5/1/2019, 15:09
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    Grazie della tua attenzione e...non devi scusarti, ciò che scrivi è corretto e comprensibile!
    Concordo certamente con ciò che dici, solo che a me interessa di più mettere in guardia contro le aberrazioni di una tecnologia che ci darà un futuro di controllo sempre più asfissiante.
    Ciao e grazie ancora!
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    Grazie a te per l'attenzione.
    Anche io non mi sento rappresentato, in genere voto per chi ritengo in quel momento il "meno peggio".
    Io credo che l'unica soluzione l'avremo se riusciremo a creare un movimento politico ispirato ai Diritti Umani e alla Costituzione che elabori programmi e prassi per applicare la Costituzione e i diritti in tutti i campi in cui non sono applicati completamente. Secondo me è l'unico modo e non sarà certo facile.
    Ci sto scrivendo un libro.
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    Appunto...grazie!!
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    Per non morire sotto le bombe della retorica

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    fonte immagine: Vimeo

    Le drammatiche e controproducenti proteste ad un articolo del professor Panebianco sul Corriere della Sera di qualche giorno fa, gli hanno ripetutamente impedito di svolgere alcune lezioni riproponendo così l’ennesimo schema in cui il vincitore è, come al solito, il sistema.

    Parlo di sistema perché il professore è anche editorialista di uno di quei giornali che, di fatto, rappresentano e difendono “democraticamente” lo status quo consolidato delle varie lobby che ci governano veramente, di cui la lobby mediatica è strenua garante.

    Nel pezzo di Panebianco che riguardava la situazione libica non troviamo certo niente di nuovo, è l’esortazione ad una maggior sensibilità per la difesa del territorio dal pericolo islamico proveniente dalla Libia, che la politica sembra colpevolmente non avere.

    L’autore si preoccupa dell'ISIS, del venir meno dell’influenza geopolitica americana, ed esorta la classe politica a guardare in faccia la realtà di un pericolo imminente a cui non si dovrebbe rispondere tardivamente e senza preparare l’opinione pubblica.

    Niente di nuovo sotto il sole quindi, il tono e gli argomenti sembrano razionali, anche espressi pacatamente.

    Non vi è alcun accenno di analisi storica sulle gravi responsabilità dell’Occidente che invece un suo illustre collega, Sergio Romano, parlando di terrorismo e immigrazione evidenziava poco tempo fa nelle stesse colonne in questo modo: “le guerre dell’Occidente hanno considerevolmente peggiorato la situazione”.

    Insomma, siamo alle solite: la maggior parte delle penne autorevoli dei media giocano facile con gli allarmi, però a giochi ormai fatti, quando ipotizzare politiche alternative sembra tardivo, inconsistente, quasi “osceno”.

    Il gioco del sistema è quello di creare nascostamente un problema, deprecarne la natura e invocarne una soluzione armata nel momento in cui questa appare inevitabile.

    E giù con la retorica contro i “pacifisti”, come se la Costituzione non esistesse, e dagli ad apostrofare come complottisti e vittimisti chi osa chiedere conto dei traffici e delle responsabilità di un Occidente che tradisce democrazia e Diritti Umani, che però invoca quando “deve” fare guerre.

    Ecco allora che il professore risponde oggi con un pezzo in cui si dice scosso ma non intimidito, e sembra avere buon gioco a smontare “democraticamente” i modi della protesta in questo modo: “...un’aggressività che si pretende guidata da motivi politici rende possibile l’illusione che si tratti di un comportamento ‘nobile’, guidato da alti ideali morali.
    La politica è, da sempre, il ricettacolo e la calamità di frustrazioni personali che vi cercano una qualche forma di legittimità la quale, a sua volta, serva a giustificare odio e aggressività
    .”

    Capito il giochetto?

    Come se la politica non sia anche il ricettacolo di ambizioni di potere, di retorica moraleggiante mentre si tradiscono gli ideali più nobili giocando con la vita, la dignità e la sopravvivenza delle persone, come se le uniche responsabilità dello status quo siano nelle teste “bacate” di chi protesta in maniera sguaiata e, dico io, controproducente.

    Come se i media, anche i più “democratici” e “ortodossi”, non abbiano gravi responsabilità per i problemi che affliggono la modernità e per il “costume” di ogni espressione pubblica.

    Non facciamoci irretire dalla solita retorica “civile” ma a senso unico.

    Contemporaneamente però dobbiamo capire che se vogliamo avere una chance di cambiare le cose dobbiamo essere più civili di quelli che si fregiano di esserlo, combatterli aspramente sì ma con modi e linguaggi inattaccabili che non distolgano l’attenzione dai contenuti.

    Le proteste violente, i linguaggi scurrili, gli attacchi alla dignità personale fatti nei social ai pur deprecabili politici, non fanno altro che un gran servigio a quel sistema che usa il garbo dell’eloquio e la pacatezza dei modi per distogliere l’attenzione dalle vere questioni e venderci l’ennesima ricetta di “sicurezza” e “responsabilità”, mentre ci fa stringere ogni giorno la cinghia sempre più e riduce ogni spazio di libertà.

    Diventiamo allora noi i veri responsabili, inchiodiamo civilmente la classe politica e le lobby che la comandano alle loro responsabilità, rinnoviamo la forza di quello che una volta era chiamato Stato di Diritto.


    25 febbraio 2016


    Edited by massimofranceschini - 13/11/2018, 23:03
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    Grazie a te caro per l'amicizia e il sostegno!
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    Un giornalismo sempre più raro

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    fonte: YouTube


    Il bellissimo film “Il caso Spotlight” di Thomas MacCarthy, ci ricorda cosa potrebbe rappresentare un serio giornalismo d’inchiesta per una società civile.

    Il film narra la vicenda che il Boston Globe portò alla luce più di dieci anni fa, relativa allo scandalo di rilevanza mondiale degli abusi sessuali da parte di esponenti della Chiesa Cattolica.

    Regia, recitazione, sceneggiatura e montaggio, tutti di ottimo livello, ci tengono sul filo della sofferta inchiesta che ha causato al Vaticano parecchi problemi di immagine e su cui Papa Bergoglio sembra aver detto parole precise e impegnative, speriamo non di facciata.

    Ciò che mi spinge a scrivere è vedere quanto un giornalismo del genere sia così raro, proprio nel momento storico in cui ne avremmo maggior bisogno.

    Abbiamo grandi crisi mondiali, queste le più importanti:

    - una nuova “guerra fredda”;

    - il Medio Oriente;

    - la conquista di sempre più potere da parte delle lobby (che controllano la finanza, le armi, il denaro, la politica e i media stessi);

    - le sfide portate all’umanità e alla cultura da un uso sempre più pervasivo della tecnologia;

    - la suddivisione del mondo in chi può “farcela” a sopravvivere e chi è sempre più escluso dalla speranza di una vita decente (mentre una ristrettissima percentuale di soggetti controlla la maggior parte della ricchezza mondiale);

    - la crisi relativa alle migrazioni e all’integrazione;

    - la crisi climatica-idrica-energetica;

    - la crisi di rappresentanza politica;

    - la crisi morale, etica e intellettuale;

    - la crisi riguardante la droga;

    - la moderna e paradossale “analfabetizzazione funzionale” di grandi strati della popolazione;

    - la crisi derivante dalla sempre più pervasiva intrusione farmacologico/chimica in tutti gli aspetti della vita quotidiana (che si traduce nell’avere sempre più “clienti malati”);

    - la crisi di un’alimentazione sempre più manipolata dall’industria;

    - tutte le crisi derivanti da una sempre minore applicazione dei Diritti Umani (compresi quelli la cui violazione ci da un lavoro sempre più introvabile e stipendi insufficienti per una vita dignitosa).

    Un serio giornalismo di inchiesta dovrebbe continuamente smascherare i responsabili della crisi, a tutti i livelli, e fornire uno spazio di visibilità agli esponenti della società civile in grado di favorire una soluzione dei problemi.

    Al contrario, la maggior parte dei media generalisti sono una spalla del sistema a cui forniscono un sostegno terrorizzante/distraente, mentre la minoranza dei media più apparentemente “contro” non fanno altro che confezionare inchieste su scandali di basso profilo, che certo non mettono in discussione i meccanismi principali del “sistema delle crisi”.

    Si limitano a dar voce ad istanze populiste/giustizialiste che possono, al massimo, favorire qualche ricambio politico che però non intaccherà i meccanismi suddetti.

    Auspico da tempo la nascita di un nuovo movimento politico ispirato ai Diritti Umani ed alla Costituzione.

    Auspico anche che il nuovo movimento si doti di un media generalista che ribalti tutte le prassi terrorizzanti/distraenti, e che ci aiuti a pensare con la nostra testa raccontando la multiforme varietà umana e culturale di una società non così cinica ed egoista come quella favorita dagli altri media.

    Questo sì che sarebbe un gran bel film!


    21 febbraio 2016


    Edited by massimofranceschini - 25/11/2018, 16:52
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    Completamente d'accordo. Purtroppo queste osservazioni non sembrano appartenere alla consapevolezza dei difensori apparentemente iper liberali della legalizzazione.
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    :) :) :) :)

    Edited by massimofranceschini - 18/2/2016, 17:38
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    Ciao caro e grazie!
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    So caro Giuseppe che non ci troviamo concordi su questo tema. Penso che la vera eresia moderna sia la continua violazione dei diritti umani da parte di una classe politica totalmente disinteressata a quei sommi principi/diritti che dovrebbe applicare. Un mondo libero dalla droga fa secondo me parte di questi.

    Edited by massimofranceschini - 4/3/2020, 12:33
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    L'importante è dire NO ALLA DROGA, tutto il resto si può discutere!


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    una riflessione che sarà compiutamente recepita nel mio libro


    Il dibattito sulla droga e sugli svariati usi della canapa necessita urgentemente di chiarezza.

    Per droghe si intendono tutte le sostanze (mi riferisco a definizioni da dizionario e dall’OMS riferite agli stupefacenti), che in sostanza provocano modificazioni più o meno temporanee e dannose dell’equilibrio psico-fisico”.

    L’attenzione è quindi sull’alterazione significativa dello stato di coscienza, perciò eliminerò da questo articolo qualsiasi riferimento a tabacco e caffè, dato che le modificazioni inerenti sono di lieve entità.

    Idem per la complessa questione "dipendenza", che coinvolge anche l'ambito mentale.

    Non faccio neanche riferimento a tutte le diatribe, speculazioni e storia delle varie definizioni dovute ai vari punti di vista filosofici, medici, farmacologici, legali e altri.

    Solo per fare un esempio in farmacologia-farmacognosia si ritengono farmaci anche alcune droghe di origine animale, vegetale o minerale.

    Ne parlo perché questa distinzione sembra essere usata per “equivocare” volutamente sul concetto di droga, e sganciarlo dalla nocività a cui comunemente si accompagna.

    Riguardo alla canapa possiamo quindi dire che è uno stupefacente in quanto provoca un’alterazione a livello mentale, più precisamente definita come sostanza “psicodislettica”, capace cioè di alterare percezioni, coscienza e comportamenti.

    Nel mio ragionamento non introdurrò l’altrettanto discussa e fuorviante distinzione fra droghe “leggere” e “pesanti”, trattandosi comunque di sostanze tutte stupefacenti.

    I minori danni che le “leggere” farebbero a livello fisico non dovrebbero comportare un diverso e permissivo ragionamento.

    Non mi interessa neanche qualsiasi riferimento “dotto” riguardo sostanze o meccanismi naturali presenti nel nostro corpo (sistema endocannabinoide), che la canapa aiuterebbe/replicherebbe.

    Non escudo certo che gli effetti positivi della canapa possano preferirsi, in determinate patologie ed a determinati stadi, ai farmaci sintetizzati dall’industria che hanno costi elevati e devastanti effetti collaterali.

    Sono sicuramente per sganciare dalla sanità la pervasiva e nefasta influenza della lobby farmaceutica, a patto di riservare ciò a patologie importanti/esiziali, che ne siano ben pesati i pro e i contro, che ne sia informato il paziente e che ciò non diventi in alcun modo un viatico per la definitiva liberalizzazione delle droghe “leggere”.

    Inoltre c’è da considerare che, come per gli psicofarmaci, un’azione così profonda su certi recettori e meccanismi biologici è pericolosa, proprio perché nel campo del mentale non abbiamo “malattie” vere e proprie dovute ad alterazioni di organi riscontrabili, ma siamo in un campo in cui le influenze di stili di vita, ambientali e relazionali sono determinanti e impossibili da “regolare” con qualsiasi sostanza, senza ledere la capacità “auto curativa” e la libertà mentale della persona.

    La verità è che spesso questi sono argomenti capziosi tendenti a sminuire la nocività degli effetti della canapa ed a giustificarne l’uso.

    Voglio anche far notare che molti fautori della liberalizzazione sono anche critici proprio con l’industria farmaceutica, la psichiatria e gli psicofarmaci.
    Chi mi legge sa quanto sia concorde su questi temi.

    Ormai abbondano le inchieste e la saggistica relativa a questi problemi, gli esperti dei diritti umani in campo medico combattono e informano da decenni sulle aberrazioni psichiatriche e sul potere dell’industria farmaceutica nel “volerci” sempre più malati di malattie studiate non in laboratorio ma negli uffici del marketing.

    Quello che i fautori della legalizzazione non vedono è che far rientrare la canapa come “medicamento”, quindi non droga nociva ma assai più blanda “medicina”, rappresenta un’implicita etichettatura di chi si droga, con cui peraltro personalmente concordo: la necessità di drogarsi è un’evidente “ammissione” di uno stato di sofferenza “mentale”.

    La gente spesso inizia a drogarsi per “curiosità”, ormai l’uso della canapa e dei suoi derivati è così diffuso che può certamente capitare un’offerta di prova da un numero sempre maggiore di persone e “amici” in svariate situazioni sociali.

    Il fatto è che molti, se non la rifiutano di principio, non si limitano ad un prova ma seguitano ad usarla rientrando così nella categoria di chi ha bisogno di qualcosa che lo anestetizzi-disconnetta da realtà e problemi.

    Un bisogno la cui “soluzione” comporterà un aggravamento di tutto ciò che pensava più o meno consapevolmente di voler superare/dimenticare, oltre ai danni dovuti alla sostanza stessa.

    Anche le considerazioni che tendono a dimostrare un beneficio sociale dalla liberalizzazione dovuto ad una diminuzione della popolazione carceraria, ad un miglioramento della lotta al narcotraffico, ad una diminuzione di consumo di alcool e psicofarmaci od a qualsiasi altro “minor danno” dovuto alla liberalizzazione stessa sono da rigettare in toto.

    Non si razionalizzano politiche e prassi sbagliate creando una società “stupefatta”, senza contare che si aprirebbe il mercato ad ancora più sostanze chimiche illegali e di nuova concezione, rese più appetibili dalla legalizzazione della cannabis e dei suoi derivati.

    Tutte le altre verità sulla canapa sono invece molto interessanti e ci portano indietro di decenni, dove alcune lobby decisero di mettere fuori legge una pianta (alcuni miliardari americani avevano investito diversamente), che aveva e può avere una miriade di usi con un costo ed un impatto ambientale bassissimo.

    Parlo di usi nell’industria automobilistica (Ford faceva carrozzerie e molte alte parti delle sue automobili con derivati della canapa), di una marea di prodotti che oggi si fanno con derivati del petrolio (carburanti molto meno inquinanti compresi), della carta che non richiederebbe l’abbattimento degli alberi (la canapa può crescere in tutte le latitudini con una velocità pazzesca), e mille usi ancora.

    Tutto ciò andrebbe sicuramente riconsiderato e sottoposto ad una politica nuova, finalmente votata a creare una società più giusta e un ambiente più sano nell’ottica di quei Diritti Umani di cui si sente sempre più la necessità.

    Tutto ciò a patto che le ragioni suddette non diventino un cavallo di Troia per legalizzare lo spinello.

    Un mondo migliore non si costruisce drogandone le istanze.


    16 febbraio 2016


    Edited by massimofranceschini - 15/11/2018, 18:07
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    Usi, costumi, sessualità ed etica personale: riflettiamo sull'oggi per non pentirci domani

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    nel mio libro opportune linee guida


    La questione sulle unioni civili con le sue molteplici sfaccettature, i relativi dibattiti “accesi”, le prese di posizione, gli slogan dei politici a cui si contrappongono quelli di rinomati esponenti della cultura, sono il paradigma della confusione che regna in una comunità umana che sembra aver perso definitivamente ogni base stabile e razionale per gestire i punti di “attrito” fra i vari sentire.

    La politica, schiava di convenienze ben al di sopra del nostro interesse di cittadini, usa i punti di attrito per confondere se stessa e gli elettori da problemi più grandi e urgenti che se non risolti ci daranno un nero futuro, economico, civile e morale, in cui vedremo una contrazione di pace e libertà.

    La maggior parte dei media, lungi dall’essere gli auspicati guardiani del sistema democratico, partecipa freneticamente ed attivamente al caos distraente.

    Il mondo della cultura anche “alta” non è spesso da meno e sembra non vedere l’esatta posta in gioco, e si contorce su idee e posizioni che ormai la storia, ma anche il buon senso, dovrebbero aver bocciato.

    L’intreccio fra i punti di vista e le ragioni “parziali” che ognuno sembra avere, non trova mai un bilanciamento, una linea praticabile sia da un punto di vista ideale sia appunto, pratico.

    Scrivo spesso che questo punto ideale si trova nei Diritti Umani (quindi nell’ambito della filosofia-politica non ideologica), che sono il minimo comun denominatore per la convivenza civile, il più alto approdo della civiltà politica.

    I trenta diritti umani trovano il giusto bilanciamento fra esigenze di libertà individuale, responsabilità verso gli altri che la libertà dovrebbe comportare, e inoltre forniscono il quadro e le forme generali in cui tutto ciò dovrebbe esprimersi politicamente.

    Se la cultura umana fosse innervata, a cominciare dalle scuole, dai Diritti Umani (e dallo studio delle Costituzioni che si ispirano ad essi e ne sviluppano concretamente gli ideali), saremmo più abituati a farci un’idea “razionale” su moltissimi argomenti e forse saremmo meno disposti ad accettare situazioni ed “orrori” vari, su cui oggi sembriamo facilmente stendere un velo, o di cui pensiamo non vi sia soluzione.

    Ogni appello che viene da punti di vista “ideologici” presenta debolezze, pur se può affascinare alcuni e/o stimolare la pancia di quelli che non la usano solo per digerire.

    Ecco allora che gli appelli alla “natura” possono dimenticare le varietà di accoppiamento presenti, anche se minoritarie, fra gli animali (l’omosessualità non è soltanto un’invenzione umana), per cercare di imporre la presunta bontà naturale ai “diversi”, dimenticando inoltre che nelle società umane evolute la diversità deve considerarsi ricchezza da proteggere.

    L’ideologia (in questo caso religiosa), può far dimenticare ad esempio come gli animali si lascino morire quando malati o non in grado di sopravvivere, negando agli umani tale diritto anche se capaci di intendere e volere, appoggiando però tutti gli “artifizi” con cui la tecnica ti fa rimanere agganciato al corpo, aborriti invece giustamente, secondo me, quando pretendono sostituirsi alla natura forzando e/o modificando basilari meccanismi biologici nella fase creativa.

    Anche se non vi sono motivi “naturali” per cui un essere umano non possa accettare la sessualità del corpo che possiede (l’omosessualità e la bisessualità sono fenomeni prettamente mentali, non genetici o biologici, ma neanche da “curare” come pretendeva una psichiatria devastante), non giungeremo certo ad un approccio razionale dell’argomento abbandonandoci a slogan e pulsioni che sanno tanto di caccia alle streghe di altri tempi, che possono trovare concordi gli esponenti più “destrorsi” di quella pseudo scienza chiamata psichiatria, od oppositori fra i più “sinistrorsi” della medesima pseudo scienza.

    Come ho scritto in precedenza la sessualità, per un ristretto numero di persone, è un argomento più “fluido” di quello che può sembrare: come accade che un etero si “renda conto” di essere “omo”, capita anche il contrario.

    In questa ottica il cambio di sesso (tecnica innalzata a nuova divinità), dovrebbe essere vietato dalla comunità politica (comunità consapevole della polis), pur comprendendo come un ambiente omofobo e intollerante possa contribuire ad una “radicalizzazione” (che ostacolerà qualsiasi eventuale libera autoanalisi), della posizione da parte di chi si sente diverso.

    Come dicevo all’inizio anche illustri esponenti del mondo della cultura non sembrano avere la necessaria chiarezza, sempre se guardiamo alle loro argomentazioni non da un’ottica “ideologica” ma dal punto di vista dei Diritti Umani.

    Ecco allora il pur pregevole e “sofisticato” Paolo Cirino Pomicino sul Corriere della Sera del 3 febbraio scorso, affermare riguardo a come il mondo occidentale guarda alla “diversità”: “La si tutela e la si rispetta se i diritti civili dei diversi tra loro…sono tutti garantiti senza però annegare le loro diversità in un linguaggio comune e in istituzioni altrettanto comuni. …
    L’amore omosessuale non è un amore da discriminare e come tale deve essere riconosciuto con tutto il corredo dei diritti civili ma esso non può definirsi matrimonio e famiglia
    Quelli che invece ritengono che l’eguaglianza dei diritti debba essere accompagnata da una omologazione dei termini con cui si definiscono unioni profondamente diverse fra loro e addirittura una omologazione ‘liturgica’ dinanzi all’autorità civile non si rendono conto che così facendo rischiano di vergognarsi della loro diversità. La diversità, infatti, per essere tutelata anche culturalmente dovrebbe avere diritti uguali nella sostanza, ma disciplinati con forme giuridiche e con denominazioni diverse perché diverse sono le condizioni dei rispettivi grandi amori che tengono uniti nella vita due persone. …
    La modernità, se non è modernismo, prende atto della evoluzione storica delle società ma non mette tutto in un unico calderone snaturando il patrimonio morale, storico e culturale delle parole e dell’intero linguaggio della umanità
    .”

    Si potrebbe tranquillamente rispondere a queste pur sensate e interessanti considerazioni che l’evoluzione degli usi e costumi è caratteristica prettamente umana, di quel libero arbitrio che ci distingue dagli animali, e che fa dell’uomo un ente certamente inserito in un quadro naturale ma dotato di facoltà intellettuali per “ergersi” sulla natura stessa al fine di una migliore sopravvivenza.

    Questo ergersi può certamente essere compiuto in maniera “razionale”, non avvalendosi fino in fondo di tutto ciò che la tecnica può permettere di fare, oppure diventare liberismo scientista irresponsabile e incontrollabile, capace di manomettere la natura nelle sue fondamenta biologiche e strutturali, mettendo in pericolo proprio quella sopravvivenza della razza umana e del pianeta che spinge l’uomo alla ricerca.

    Due esempi su tutti: bomba atomica e tutte le ricerche neurofarmacologiche sul cervello per il soldato del futuro.

    Quando le dinamiche degli usi e costumi restano libere da ideologismi vari, forzature e meccanismi tecnocratici (incontrollati e per di più nelle mani di pochi enti e persone), possono trovare una composizione se la cultura umana mantiene quel faro ideale che sono i Diritti Umani con coerenza, per tutte le attività umane.

    Non concordo con la “presunzione”, anche se dettata da un discorso “logico”, di appioppare l’etichetta di “vergogna” ad istanze in cui si rivendicano diritti, riconosciuti e difesi ma solo se si fermano ad una certa soglia, cioè matrimonio/famiglia.

    Ogni uomo, in quanto tale, senza altre considerazioni di alcun tipo, è protetto da Diritti Umani che dovrebbero valere per tutti indiscriminatamente, finché non ne perde una parte per un comportamento lesivo verso altri e la comunità.

    Ecco allora che se consideriamo solo il fatto che ogni individuo è unico, deve necessariamente avere gli stessi diritti degli altri, senza altre considerazioni riguardo il suo status/caratteristica.

    Pensare e chiamare diversamente qualsiasi istituto giuridico basando ciò sulla sua diversità significa posporre il suo essere “umano” ad altre considerazioni di ordine morale, politico, ideologico, che non appartengono alla filosofia dei Diritti Umani.

    Poi c’è il problema delle adozioni, degli uteri da affittare e delle manipolazioni su geni ed embrioni.

    I Diritti Umani pretendono che ogni bambino abbia qualcuno cui appoggiarsi e con cui crescere in un ambito di amore, in cui sviluppare le sue capacità e la sua personalità.

    Oltre alla famiglia tradizionale ogni soluzione, single, coppia sterile, coppia omo è, rispetto allo stare in un istituto, preferibile e dovrebbe essere facilitata da una politica liberale ispirata ai Diritti Umani che finalmente tolga dalle pastoie psico-burocratiche ogni lungaggine “valutativa” per stabilire l’idoneità dei richiedenti, come se il matrimonio “normale” fornisse una patente per far crescere serenamente i figli.

    Fra l’altro, la statistica dice che le coppie omo sono le più propense ad adottare bambini “particolari” o malati, spesso rifiutati da coppie etero.

    Sempre i Diritti Umani pretendono che l’uomo viva in un ambiente sano e sicuro, che non è certo quello in cui si tende ad approvare o a non ostacolare ogni tipo di applicazione tecnica, anche quando entra nell’intimo della persona, dei suoi meccanismi biologici, mentali, riproduttivi e cognitivi.

    All’“ideologismo” di matrice cattolica si contrappone un altrettanto e maggiormente illiberale ideologismo laicista che si dirama in due direzioni.

    Da una parte abbiamo gli esponenti più materialisti di discipline che di fatto non possono fregiarsi dell’appellativo “scienza”, non avendo dato prova di osservazioni e soluzioni affidabili per quanto riguarda l’uomo: psichiatria, psicologia e sociologia.

    Troppi fenomeni che ricadono sotto le loro sfere di analisi non trovano prassi univocamente accettate, danno luogo a molteplici teorie, sono “individuati” e interpretati con schemi appartenenti più all’ideologia materialista (pure con l’aggiunta di pulsioni e scopi appartenenti a qualche ideologia politica), che alla ricchezza del pensiero umano.

    Basta osservare lo stato dell’uomo e della sua cultura, da quando questi signori sono diventate le nuove autorità che ci forniscono: programmi educativi che creano sempre più incapaci di leggere e scrivere, “cure” farmacologiche o peggio per i “diversi” e i più sensibili, una visione della responsabilità giuridica del singolo viziata appunto dalla pretesa psichiatrica di stabilire nuovi valori e incasellare le azioni umane in schemi interpretativi che favoriscono spesso sentenze che definire strambe è un eufemismo.

    E sono solo alcuni esempi.

    Inoltre, queste “scienze” sono da sempre impegnate ad escludere tutto ciò che il variegato mondo umanista (filosofie, religioni ecc.) ha da dire, rivendicando una priorità sul sapere giustificata da una fede "illuminista", ma non illuminata.

    Gli esponenti più sugli scudi in questi ultimi decenni di questo andazzo sono alcuni neuro scienziati, veri e propri nuovi “guru” che discettano di sapere, cultura, cervello e che pretendono, di fatto, una resa di tutti gli altri saperi di fronte alla loro “scienza”.

    Si chiama scientismo ed è uno dei grandi mali della nostra epoca, va insieme al materialismo ed è controllato nei suoi esiti da una minoranza di soggetti: le varie lobby finanziarie, militari, farmaceutiche e mediatiche.

    Queste “scienze” hanno di fatto sostituito ogni altro pensiero e la religione nel suo farsi istanza morale, (certo a sua volta non esente da errori anche mostruosi), e sono diventate le filosofie che permettono al nuovo potere capital/tecnologico di controllare le persone e la società in modi del tutto nuovi e inquietanti.

    L’altra direzione dell’ideologia laicista e materialista sembra preoccuparsi di difendere la “tecnica” e di innalzarla al posto che apparteneva a Dio.

    E’ “meravigliosamente” sintetizzata dal sociologo Galimberti in un dibattito in cui difende l’utero in affitto e tutte le manipolazioni varie su feti ed embrioni in questo modo, più o meno fedele parola per parola:
    Come fanno morale e politica a dire alla tecnica di non fare ciò che può?
    La tecnica fa accadere eventi rispetto ai quali l’etica diventa patetica, perché non sta all’altezza del tempo. …
    La tecnica non è più uno strumento nelle mani dell’uomo, è diventata il soggetto della storia e l’uomo è diventato un funzionario di apparati tecnici. La politica non è più la sede delle decisioni perché guarda l’economia, che a sua volta guarda la tecnica. …
    La tecnica quindi è il primo scopo. …
    Come dice Hegel, quando un fenomeno cambia quantitativamente cambia anche la qualità del paesaggio (e fa l’esempio del terremoto)… l’uomo non è più il soggetto della storia
    .”

    Ecco il grande pericolo di cui quasi nessuno parla, come se la cultura umanistica tutta fosse ormai praticamente arresa ad un fenomeno che l’uomo stesso ha sviluppato con e dalla sua cultura: la tecnica.

    Tutte le distopie di cui grandi pensatori e scrittori ci hanno ammonito saranno una realtà, se la politica non metterà uno stop a certe prassi e applicazioni e se terrà finalmente conto della sua anima più pura: i Diritti Umani.

    Già conosciamo il futuro che ci stanno preparando: si nascerà per selezione, si crescerà con “medicine” personalizzate, avremo pulsioni “impiantate”, programmi scolastici di addottrinamento subliminali, un consumismo portato all’estremo per un mondo di edonismo anestetizzante al pensiero, un controllo farmacologico o di altro tipo per ogni “diverso”, una filosofia di edonismo erotico polivalente, soldati modificati geneticamente e cerebralmente che sarà quasi impossibile combattere, armi sempre più letali, sofisticate e di difficile reperibilità, per non parlare delle condizioni del pianeta, dell’economia e di altro ancora.

    Tutto ciò grazie ai "geni" della cultura materialista e grazie ad una politica ipocrita che parla di “libertà”, quando sa benissimo che la libertà deve essere alla portata di tutti (senza arrecar danno agli altri), e non solo delle lobby che se la possono permettere.

    Tutto ciò grazie anche alla nostra incapacità di capire e di guardare oltre.



    13 febbraio 2016


    Edited by massimofranceschini - 19/11/2019, 19:19
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